mercoledì 27 luglio 2016

Salone del Libro, Torino, Milano : una riflessione.

E' infine arrivata la notizia, attesa ma non per questo meno temuta.

Dal 2017 ci sarà un Salone del Libro anche a Milano.

A Torino ci sarà ancora l'edizione del trentennale, ma poi ?

Prima di mettersi a piangere recriminando che "ci hanno portato via anche questo" vediamo di fare un attimo il punto.


   Il Salone del Libro è nato nel 1987. Io avevo sei anni. Sapevo leggere già da uno, e da allora non mi sono perso un'edizione. Ricordo ancora e ricorderò sempre la gioia provata quando, dopo la scuola, mia mamma e mia nonna mi portavano al Salone. Per me era quello il massimo, la "figata", ben più che trovarmi in un negozio di giocattoli e scegliere quello che volevo (cosa successa anche questa, più volte: ammetto di essere stato un bambino fortunato).

All'epoca il Salone si teneva a Torino Esposizioni. Era ancora piccolo e poco conosciuto, una manifestazione quasi di nicchia. Forse a causa della mia verde età del tempo non ricordo bene come fosse fatto, o quali fossero le differenze rispetto alle edizioni successive, quando traslocò al Lingotto Fiere.
 Inoltre, appunto dopo il trasloco, la ripetizione, anno dopo anno, della stessa identica formula, con la stessa organizzazione degli spazi, la stessa cartellonistica, lo stesso design, ha inevitabilmente cancellato dalla memoria quello che c'era prima.

Nonostante questo io ho sempre trovato la ripetizione rassicurante. Sapere che, ogni anno, avrei ritrovato le stesse cose nello stesso posto mi faceva stare bene. Avrei potuto camminare a occhi bendati e non mi sarei perso, avrei saputo sempre esattamente quale stand si trovava di fronte, dietro e di fianco a me.

I primi tempi tornavo a casa carico di libri. Poi, seguendo il consiglio di mia mamma, che mi aveva dimostrato come, in fondo, i testi delle Case Editrici famose si trovassero normalmente anche nelle librerie, ogni giorno, sono diventato più selettivo, concentrandomi sui volumi pubblicati dalle Case Editrici più piccole e meno note.
 Ho inoltre imparato a concentrare gli acquisti alla sera dell'ultimo giorno, il lunedì, quando molti stand applicavano sconti anche notevoli, per l'ovvia ragione di volersi liberare di quanta più roba possibile prima di rifare i bagagli.

Negli ultimi anni poi, un po' grazie ai master di editoria che ho frequentato, che mi hanno fornito di pass gratuiti come "operatore del settore", e un po' agli abbonamenti fiera, ho passato dentro il Salone tutti e cinque i giorni, dal giovedì al lunedì, dall'apertura alle 10.00 alla chiusura alle 22.00.

(ecco un vantaggio dell'essere disoccupati !)

   Ho seguito decine di incontri, conferenze, dibattiti, presentazioni, lectiones magistrales, potendo finalmente vedere in volto, sentire la viva voce, apprezzare la personalità dei grandi nomi della letteratura, dell'arte, della scienza, dello spettacolo, che come tutti conoscevo solo indirettamente. Vederli dal vivo è un'altra cosa, non sono più solo nomi su un libro o facce dentro lo schermo televisivo: ricevi veramente qualcosa di più.

   Molte volte, per un'abitudine mia che mi è rimasta dai tempi dell'università, ho preso appunti: desideravo infatti conservare non solo il ricordo dell'evento, ma la sua sostanza, fissarne i contenuti sulla pagina per arricchire la mia biblioteca cartacea. Non mi è mai interessato avere autografi o foto, e questo già ben prima dell'invenzione dei selfie.

   I giorni del Salone del Libro li aspettavo tutto l'anno, risparmiavo soldi per dodici mesi, ogni volta che prendo in mano un testo so esattamente se l'ho comprato al Salone oppure no.



Ma questi sono ricordi personali.

Passiamo invece ad un altro piano.

La formula sempre uguale a se stessa può, mi rendo conto, stufare. Certo si ha paura di cambiare, perché se una cosa funziona bene da trent'anni sembra stupido voler stravolgere tutto.
 Ma così facendo ci si comporta esattamente come certe vecchie signore che dicono "Io faccio così perché mia madre ha sempre fatto così". Non si ha il coraggio di esplorare nuove strade, di sondare nuove possibilità.

 La chiave del successo, in ogni campo, è l'evoluzione. Al contrario la stagnazione, l'autocompiacimento, la volontà di arroccarsi sulle proprie posizioni, la tendenza a sedersi sugli allori non hanno mai portato nulla di buono.

Un cambiamento era necessario, urgente, non più procrastinabile.

Certo sarebbe stato meglio non dover assistere alla triste e squallida vicenda giudiziaria. Un altro scandalo nel mondo della cultura, non dissimile da quello che ha coinvolto Giuliano Soria, padre-padrone del famoso Premio Letterario "Grinzane Cavour".

Anche nella cultura, a questi livelli perlomeno, girano tanti soldi, e dove ci sono tanti soldi fioriscono le occasioni che fanno gli uomini (e le donne) ladri. Ma spesso non è solo una questione di ingrassare il proprio conto in banca, bensì di potere, di ambizione, di autorità, di superbia: sentirsi Dio, poter con una parola dare e togliere, "affannare e consolare" (per citare Il Cinque Maggio), innalzare e affossare.



   Dopo l'edizione del trentennale Torino perderà forse per sempre una manifestazione che era diventata una delle caratteristiche principali del suo territorio.

 Non bisogna farne una questione campanilistica. Ogni città può avere eventi simili a quelli di un'altra, pur mantenendo la propria specificità.
 Vi porto un esempio, di un settore in parte analogo : quello dei FUMETTI.
 Nel mondo degli appassionati di fumetti, cartoni animati, film e telefilm - appassionati adulti e maggiorenni, che seguono in egual misura i comics dei supereroi americani e i manga e gli anime giapponesi, Star Wars e Star Trek, Il Signore degli Anelli e Game Of Thrones - esistono numerose fiere del settore, dove vengono presentate le ultime novità e le anticipazioni, ci sono incontri con autori e disegnatori, dibattiti, eventi di vario tipo.
 La principale è quella che si tiene a Lucca, ovvero il LUCCA COMICS. Ma ce ne sono anche a Milano (FUMETTOPOLI), a Roma (ROMICS) e a Napoli (NAPOLI COMICON). Ce n'è una anche a Torino (TORINO COMICS), ma dopo i primi anni di gloria, a causa di una gestione sbagliata, è stata sempre più snobbata, fino a ridursi a una cosuccia povera e triste. Negli ultimi anni poi stanno acquisendo sempre maggiore importanza fiere organizzate in località più piccole.
 All'occhio di un non-appassionato queste fiere sembrano tutte uguali, quale che sia la città. Ma, al contrario, ciascuna di esse ha una sua anima, un suo aspetto riconoscibile e caratteristico.


   Per il libro dovrebbe poter avvenire la stessa cosa. Non più un solo Salone del Libro, ovunque esso sia, ma tanti, distribuiti su tutta l'Italia e per tutto l'arco dell'anno.
 Alcuni appuntamenti ben conosciuti e apprezzati ci sono già, come la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna o il Festival Letteratura di Mantova.
 Si tratta solo di allargare l'offerta.

   I numeri di visitatori possono essere molto interessanti. Anche se negli ultimi anni del Salone di Torino le cifre sono state gonfiate, si tratta comunque di un flusso di tutto rispetto. E lo stesso avviene negli altri due casi citati di Bologna e Mantova.

   Chi va ad una manifestazione letteraria - tolte le classi scolastiche di varie età che sono più o meno costrette dai loro insegnanti - lo fa perché ama davvero leggere, approfondire, farsi una cultura.
 Solo di rado, in eventi di questo tipo, trovi un visitatore sperso e confuso, che non sa cosa vuole (come spesso accade nelle librerie, i cui commessi si sentono rivolgere richieste che denotano una totale, abissale, irrimediabile e ahinoi spesso compiaciuta ignoranza).



   A livello personale mi dispiace immensamente per la fine del Salone del Libro di Torino, che è stato una parte fondamentale e strutturale della mia vita. Tra l'altro per i dieci anni in cui ho vissuto da solo (2004-2014) ho abitato proprio davanti al Lingotto, quindi mi bastava uscire di casa e dopo pochi passi ero arrivato.
 La mia vita cambierà, in peggio.

Ma io non conto niente, in questo caso. Conta la diffusione della cultura, la battaglia per non cedere all'ignoranza, al fanatismo, all'intolleranza (che sono nostre, occidentali, europee, ben prima che mediorientali o islamiche). Conta la necessità di crescere nuove generazioni consapevoli, preparate, curiose di scoprire, di imparare, di allargare sempre più i propri orizzonti e interessi.

W I LIBRI !

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