lunedì 25 luglio 2016

Violenza sulle donne e storia del mondo femminile - Parte Terza

Riprendiamo il nostro discorso.

Eravamo arrivati all'affermazione delle società patriarcali. Il modello storico-antropologico ancora oggi prevalente, sebbene messo parecchie volte in discussione, ne ha individuato l'origine nelle steppe della Russia, dove viveva un gruppo di popoli che, per pura e semplice convenzione, vengono chiamati INDOEUROPEI

(un altro nome con cui sono noti è quello di ARIANI, ovvero i figli di Ario, mitico personaggio che compare nelle tradizioni epiche dell'India. Il termine di "ariani" è oggi conosciuto per via delle teorie di Hitler: in effetti il simbolo del nazismo, la croce uncinata, non è altro che uno dei tanti simboli sacri dell'arte indiana).

Circa 3.000 anni prima di Cristo questo gruppo di popoli migrò dalle sue regioni di origine, dirigendosi in parte verso est, dove diede origine alle grandi civiltà dell'India, e in parte verso ovest, ovvero in tutta l'Europa e nel Medio Oriente.

La principale prova di questi avvenimenti sta nella LINGUA. Le cosiddette LINGUE INDOEUROPEE sono tutte quelle che, pur nella diversità della loro evoluzione successiva, conservano alcune parole comuni, generalmente quelle relative alla famiglia (l'esempio classico che si fa è quello del latino pater e dell'inglese father, ma ce ne sono molti altri).

Questi popoli portarono con sé la loro organizzazione sociale, basata sulla preminenza dell'uomo sulla donna.
 Come spesso avviene, anche la concezione religiosa e l'idea del divino riflettevano l'esperienza terrena. Ecco quindi la comparsa delle grandi divinità maschili, da Zeus/Giove a Odino, che governano sulle proprie famiglie divine nello stesso modo in cui l'uomo governa sulla propria famiglia terrena.

Nella zona del Medio Oriente si assiste poi ad un'ulteriore specializzazione. Accanto a grandi pantheon come quello degli Assiri e dei Babilonesi si ha lo sviluppo di divinità "nazionali", specifiche di un certo popolo o etnia: divinità che sono, ovviamente, maschili, e anche quasi sempre sole, nel senso che ad esse non vengono associate altre figure divine.

(da questo si può capire come gli Ebrei, i quali ancora oggi sostengono di essere stati i primi a venerare il Dio unico, in realtà fossero in buona compagnia. Yavhé, il Dio degli Ebrei, era solo uno tra tanti).


Con l'affermazione delle nuove società, le donne vengono relegate in un ruolo sempre più subalterno. Non mancano esempi in cui conservano una certa libertà, come tra gli Egizi o tra gli Etruschi, ma più spesso perdono qualsiasi autonomia.

Il caso più eclatante è quello dei Greci.

Sì, proprio i Greci, la civiltà da sempre considerata la più bella, la più perfetta, la più magnifica, l'esempio più alto mai creato dagli uomini.
 Ebbene, i Greci tenevano le donne segregate in casa, addirittura in una parte separata dell'abitazione (il gineceo). Potevano uscire solo se accompagnate da altre, mai da sole. Passavano dalla tutela del padre a quella del marito e in generale dei parenti maschi, figli compresi. Portavano il velo. Non avevano alcuna istruzione, né possibilità di farsela.

Insomma, i tanto osannati Greci erano tali e quali i Talebani e i jihadisti dell'ISIS oggi.



Nell'antica Roma la situazione migliora un po', specie durante i grandi secoli dell'Impero.

Ma con l'inizio del Medioevo, e la vittoria del Cristianesimo, alla donna viene affibbiata anche la colpa di aver corrotto l'uomo, offrendogli la mela dell'albero proibito. Inoltre viene stabilita come verità di fede la storia della Genesi

(storia che, a ben guardare, è solo una delle infinite versioni sulla creazione del mondo e dell'umanità, che si ritrova più o meno sempre uguale in tutti i popoli, anche extraeuropei)

secondo cui la donna è stata creata da una costola dell'uomo.

In quanto derivata dall'uomo, appare quindi naturale che sia a lui sottomessa, in tutto e per tutto.



Nel corso dei secoli le donne hanno saputo affrancarsi da questa situazione di vera e propria schiavitù affinando le armi della seduzione, del sotterfugio, della dissimulazione, dell'inganno.

Non perché siano intrinsecamente malvagie, come la cultura dominante ha voluto e vuole ancora farci credere, ma perché era l'unico modo che avevano per conservare la propria dignità: hanno usato, e usano tuttora, il proprio corpo per affermare il diritto all'esistenza che in tutti gli altri campi è loro negato.


Prima di arrivare alla società di oggi abbiamo avuto le battaglie per il diritto di voto e per l'aborto, oltre che tutta la cultura di stampo femminista.
 La vera parità dei sessi è, purtroppo, ancora lontana. Le famose "quote rosa" già nel nome non sono altro che una concessione fatta di malavoglia. Una donna che voglia lavorare e non fare figli viene vista con sospetto, come se in lei ci fosse qualcosa di sbagliato; mentre se vuole lavorare e allo stesso tempo fare figli le viene tolto il lavoro, perché si pensa che non possa fare bene entrambe le cose ma soprattutto perché la si vuole costringere ad essere prima di tutto ed esclusivamente una madre, unico lavoro, unica vita, unica realizzazione personale che le si può concedere).


E sono ancora troppi, lo sappiamo, gli uomini che considerano le donne una loro proprietà personale, come la macchina o la moto. L'idea che questi oggetti possano pensare, avere una vita propria, voler persino staccarsi da loro è semplicemente inconcepibile.

Infatti non tutti gli uomini che picchiano le donne sono, in origine, dei mostri. E' che proprio non ci arrivano. Una donna indipendente, libera, autonoma è un concetto del tutto al di fuori del loro orizzonte di pensiero

(è come se a un pesce nato e cresciuto dentro la classica boccia di vetro venisse detto che esiste l'oceano: non potrebbe mai figurarselo, immaginarselo, concepirlo).


In questi casi l'uomo reagisce con la violenza perché, di nuovo, è l'unico linguaggio che conosce. E' come quando un cowboy doveva domare un cavallo selvaggio, insegnargli a sopportare la sella, il morso e il peso sulla schiena: si tratta di far capire chi è il padrone, chi è che comanda.


Se le botte non bastano, si arriva all'omicidio (o "femminicidio", per usare la bruttissima parola in voga oggi: brutta perché il termine stesso "femmina" ha assunto con il tempo una connotazione negativa, derisoria, che sottolinea l'inferiorità. Quante volte abbiamo sentito dei bambini maschi che giocano tra di loro dire "Eh, ma quelle sono femmine !". E che dire di "femminuccia", epiteto affibbiato a quel maschio che si dimostra poco virile ?).

Le donne, oggi, vengono uccise dagli uomini per affermare in modo definitivo i propri diritti sull'oggetto, il possesso esclusivo dell'oggetto stesso.


Se a questo si aggiunge la violenza divenuta ormai interna alla nostra società, di cui abbiamo parlato nella prima puntata, si capisce come non bastino proclami, iniziative, dibattiti per cambiare le cose.

Bisogna ripartire da zero, su nuove basi, costruire una società nuova, completamente diversa.

Donne e uomini, insieme, fianco a fianco.

Perché è ora di cambiare l'abusata frase "DIETRO a ogni grande uomo c'è sempre una grande donna".

Facciamola diventare "ACCANTO a ogni grande uomo c'è sempre una grande donna".

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