Sotto un cielo di stelle straniere
mercoledì 7 febbraio 2018
HISTORY FAKE NEWS 4 - L'ANTICO EGITTO
"Le piramidi d'Egitto furono costruite da migliaia di schiavi" ----> FALSO !
"Akhenaton, il Faraone eretico" ----> FALSO !
"La maledizione di Tutankhamon ! " ----> FALSO !
"Cleopatra, l'ultima dei Faraoni" ----> FALSO !
Questa volta apriamo non con una, ma con ben quattro affermazioni false.
Tanta abbondanza deriva dal fatto che quella egizia è l'unica fra le civiltà antiche ad essere diventata una moda. Anzi, una mania: spesso si sente infatti parlare di "Egitto-mania".
Una moda, e una mania, nata - almeno in età moderna - con la spedizione di Napoleone all'inizio dell'Ottocento, e che a differenza di tutte le altre non è mai passata.
I motivi sono vari. Gli immensi monumenti che spuntano dalla sabbia, tra i quali l'unica delle Sette Meraviglie del mondo ad essere arrivata fino a noi, ovvero la Piramide di Cheope. Il mistero che per secoli avvolse i geroglifici. Le mummie, corpi nei quali sembra di cogliere ancora un soffio di vita, immagini quasi fotografiche, e in 3D tra l'altro, di un'era lontana migliaia di anni. E naturalmente il fascino esotico dell'Oriente misterioso, di un mondo diverso, quasi un pianeta alieno rispetto alla vecchia e ormai un po' noiosa Europa.
E si potrebbe continuare.
Proprio a causa dei geroglifici, che ancora oggi sono decifrabili solo da pochi specialisti (a differenza per esempio del greco e del latino, che vengono insegnati nei licei), la conoscenza di cosa è stata davvero la civiltà dell'antico Egitto rimane limitata alla cerchia degli studiosi.
Quanti, fra le persone comuni, saprebbero citare i nomi di altri Faraoni oltre i soliti Tutankhamon e Ramesse II ?
Quanti sanno che Cleopatra era una regina greca, vissuta alla fine dell'epoca in cui l'Egitto era governato dai Greci e dai Macedoni, giunti lì 300 anni prima al seguito di Alessandro Magno ?
Quanti sanno che Imothep, il "cattivo" del film blockbuster La mummia, è stato il primo architetto della Storia di cui si conosca il nome, ideatore della prima piramide ?
Come abbiamo già notato nei precedenti post, e molte altre volte lo ripeteremo in futuro, c'è un problema di comunicazione e di divulgazione.
Il caso dell'Egitto è più grave di altri perché proprio questa mancanza di conoscenza ha permesso la nascita di teorie astruse e strampalate, prive di qualsiasi fondamento scientifico e storico, che vanno sotto il nome di "fanta-archeologia".
Siccome però parliamo di fake news, è proprio nell'antico Egitto che possiamo individuare la prima in assoluto, così come le intendiamo oggi.
Una notizia falsa, messa in giro dal governo e dal potere, per legittimarsi. Non semplice propaganda, ma vera e propria riscrittura della Storia.
Sul banco degli imputati sale nientemeno che il più famoso di tutti i Faraoni: RAMESSE II.
All'epoca l'Egitto era tra gli Stati più potenti del mondo. Oltre al suo territorio, corrispondente più o meno a quello attuale, controllava, in maniera indiretta, anche tutta la fascia della Palestina, del Libano e della Siria.
Ma proprio in questa zona, che considerava sua da secoli, venne a contatto con l'altra grande potenza dell'epoca :
l'impero degli ITTITI.
Gli Ittiti erano una popolazione il cui centro si trovava nell'attuale Turchia. E vale la pena notare come la Storia si ripeta : oggi, tremila anni dopo, Egitto e Turchia tornano a scontrarsi, per ora solo in via diplomatica (ma chissà per quanto) proprio allo scopo di (ri)stabilire la propria influenza sulla regione della Siria.
E non è stato l'unico caso nella Storia.
Ma torniamo a Ramesse II.
Come altri Faraoni prima di lui, intraprese una spedizione militare allo scopo di riaffermare la potenza dell'Egitto. All'epoca infatti Siria, Libano e Palestina erano divise in piccoli staterelli senza importanza, i cui governanti giuravano fedeltà all'Egitto ma spesso e volentieri passavano dalla parte degli Ittiti.
(piccola nota : parliamo di Palestina ma non di Ebrei, all'epoca un'oscura popolazione che viveva sulle montagne, completamente al di fuori dei grandi eventi della Storia. Tratteremo di loro in una futura serie di post).
Si arrivò dunque a quella che tutti gli odierni manuali di storia militare riportano come la prima battaglia della Storia descritta dalle cronache, la prima sulla quale possediamo dati, dettagli e resoconto degli avvenimenti.
LA BATTAGLIA DI QUADESH (1275 avanti Cristo).
Al suo ritorno in Egitto, Ramesse II celebrò la vittoria e fece raffigurare gli episodi salienti della battaglia sulle mura dei celeberrimi templi di Luxor e Karnak, oltre a quello da lui stesso eretto di Abu Simbel. Templi che ancora oggi attraggono milioni di visitatori, mete irrinunciabili di qualsiasi turista che visiti l'Egitto.
C'è però un problema.
Anche nell'impero degli Ittiti si celebrò la vittoria. Il re ittita si presentò al suo popolo come colui che aveva sconfitto il grande Faraone egiziano.
E' evidente che uno dei due raccontava balle. Ma chi ?
La risposta è : tutti e due.
La battaglia di Quadesh fu in realtà un perfetto pareggio. 1 a 1. "X" sulla schedina.
Il confine tra la zona di influenza egizia e quella ittita non si spostò di un millimetro.
Ma, naturalmente, la gente comune, dell'uno e dell'altro popolo, doveva credere che il proprio sovrano fosse stato il vincitore. Di più, che fosse invincibile.
Se non è una fake news questa...
Saluti dalle Piramidi !
venerdì 2 febbraio 2018
HISTORY FAKE NEWS 3.2 - L'EVOLUZIONE DELL' UOMO (parte seconda)
Nella prima parte abbiamo visto che i fossili - gli unici dati su cui possiamo basarci per ricostruire l'evoluzione della nostra specie - sono molto rari, ed è quindi quantomeno azzardato ritenere di sapere già tutto solo con queste poche informazioni.
Fino a qualche decennio fa le ricerche sui nostri progenitori erano limitate all'Africa, da sempre considerata come "la culla dell'umanità".
E si pensava che ogni antico ominide - quelli della successione classica che abbiamo richiamato all'inizio del precedente post - fosse vissuto per un certo periodo per poi estinguersi e lasciare il posto ad un altro.
In pratica si riteneva che, in un determinato periodo, sulla Terra fosse presente una e una sola specie umana.
Poi sono iniziati a venire alla luce altri fossili in altre parti del mondo, anche fuori dall'Africa : in Cina, nel Sud Est Asiatico, in India.
Ominidi che in Africa, dopo un certo periodo, erano considerati estinti risultavano invece ancora ben vivi in altre parti del mondo.
E negli strati di rocce più recenti, dove ci si aspettava di trovare scheletri di ominidi ormai moderni, identici a noi, ne venivano invece fuori altri con caratteristiche mischiate, in parte moderne e in parte ancora molto arcaiche e "scimmiesche".
Si è quindi capito che l'immagine dell'albero, con il suo bel tronco diritto, non andava più bene per descrivere l'evoluzione della specie umana.
Oggi tutti gli studiosi concordano sul fatto che bisogna piuttosto pensare ad un cespuglio, ad un arbusto con molte ramificazioni, anche contemporanee.
In altre parole, è verosimile che sulla Terra abbiano coabitato, nello stesso arco di tempo e a volte anche negli stessi luoghi, diverse specie di ominidi : alcune arcaiche, altre in parte arcaiche e in parte moderne, altre interamente moderne.
Ogni nuovo ominide che viene riconosciuto come specie a sé stante (e che nel nome scientifico si merita l'appellativo di Homo) viene salutato, nell'opinione comune, come
"l'anello mancante tra le scimmie e l'uomo".
Questa è una semplificazione che va bene per i giornali, per le tv, per i titoli sensazionali.
Ma è un'espressione che agli studiosi non piace.
Cercare "l'anello mancante" è inutile e fuorviante.
Farlo significa solo, ancora e ancora, voler trovare a tutti i costi le prove di una eccezionalità della nostra specie, di un "destino manifesto" di intelligenza e di perfezione.
Questa è la madre di tutte le fake news.
Dall'immagine del cespuglio invece si evince che la nostra specie era solo una tra tante.
Siamo sopravvissuti, ma avremmo potuto estinguerci (e almeno in un caso abbiamo rischiato sul serio, già ai tempi della preistoria).
Al nostro posto potrebbe esserci un'altra delle tante specie umane che hanno calcato la Terra, simile a noi nell'aspetto generale ma per il resto assai diversa.
Se siamo qui, lo dobbiamo alla nostra capacità di adattamento.
Le altre specie sono scomparse da sole, per cause naturali: non le abbiamo eliminate noi (un tempo si pensava ad una sorta di "genocidio" compiuto dall' Homo Sapiens Sapiens, ovvero noi, ai danni dell'Uomo di Neanderthal), non coscientemente almeno.
La guerra - intesa come distruzione programmata di un gruppo rivale - è venuta molto dopo.
Quindi nessun cammino trionfale, nessun disegno intelligente, nessun progresso inarrestabile.
Solo un gran colpo di fortuna.
martedì 30 gennaio 2018
HISTORY FAKE NEWS 3.1 - L'EVOLUZIONE DELL'UOMO (parte prima)
"La nostra specie si è evoluta secondo una linea dritta di progresso" -----> FALSO !
Tutti ricordiamo la successione studiata a scuola relativa all'evoluzione della specie umana :
1) Australopiteco, il primo a camminare eretto (la famosa Lucy)
2) Homo Habilis, il primo a usare utensili
3) Homo Erectus, il primo a usare il fuoco
4) Uomo di Neandertal, brutto e stupido che abitava nelle caverne dell'Era Glaciale
5) Homo Sapiens Sapiens, l'essere umano moderno
Facile, no ?
Ma è (anche, ancora) vero ?
No. Non più. Non solo.
La visione classica dell'evoluzione umana è quella di un albero, di un tronco diritto che, a parte qualche piccolo ramo presto seccatosi (alcune specie di Australopiteco e l'Uomo di Neandertal), conduce con una marcia trionfale - sottolineata dall'aumento di dimensioni del cervello - dai primi ominidi a noi, esseri umani moderni.
E sappiamo anche - o meglio, crediamo di sapere - che la nostra specie si è evoluta in Africa, nella famosa Rift Valley, un lungo e profondo canyon che taglia come uno squarcio la parte orientale del Continente Nero.
Questo è quello che hanno insegnato a noi, e che ancora si ritrova sui libri di scuola scritti per i bambini e i ragazzi di oggi.
Ma consideriamo un momento da dove ci vengono queste informazioni.
La risposta è, qui sì, molto semplice : dai fossili.
Come per i dinosauri, anche per la ricostruzione dei nostri lontanissimi progenitori ci dobbiamo affidare ai fossili.
Ma che cos'è un fossile ?
E' un organismo vivente (animale o vegetale) che una volta morto diventa pietra.
Perché questo accada sono necessarie condizioni molto particolari :
1) l'organismo, appena morto, deve essere subito ricoperto o nascosto da qualcosa, affinché i suoi resti non siano dispersi dagli animali spazzini e non subiscano l'azione degli agenti atmosferici
2) deve trovarsi in un terreno le cui caratteristiche chimiche permettano la trasformazione in pietra delle sue parti dure (le uniche che rimangono dopo la decomposizione).
Come è facile immaginare, è molto raro che queste condizioni si verifichino contemporaneamente.
I fossili che conosciamo sono infatti pochissimi, infinitesimali rispetto all'enorme numero di organismi vissuti nel corso della storia della Terra (dai primi pesci alle piante, dai dinosauri agli ominidi).
Per avere un'idea, facciamo il seguente esempio :
immaginiamo che tra un milione di anni non esista più alcuna stesura completa, né cartacea né digitale, della Divina Commedia ;
uno studioso del futuro ritrova, su un supporto vecchissimo e molto rovinato, che in qualche modo riesce a decifrare, alcuni versi :
Nel mezzo del cammin di nostra vita (l'inizio, ma lui non lo sa)
lasciate ogni speranza voi che entrate (l'ultimo verso dell'iscrizione sulla Porta dell'Inferno)
galeotto fu il libro e chi lo scrisse (tratto dall'episodio di Paolo e Francesca)
l' amor che muove il sole e le altre stelle (l'ultimissimo verso dell'intera opera, alla fine del Paradiso).
Come potrebbe, il nostro studioso del lontano futuro, avere un'idea chiara e precisa di cosa è stata La Divina Commedia avendo a disposizione solo ed unicamente questi quattro versi ?
Forse penserebbe ad una breve poesiola, una filastrocca, una ninna-nanna.
Forse li interpreterebbe come aforismi di un saggio filosofo da lungo tempo dimenticato.
Forse crederebbe che siano tratti da un testo giuridico, magari una sentenza emessa da qualche tribunale che poi è diventata legge.
Noi, di fronte ai fossili, siamo esattamente nelle stesse condizioni di questo studioso.
Per comprendere con precisione la natura di ciò che ci accingiamo a studiare avremmo bisogno di molti più dati, per evitare di prendere gigantesche cantonate.
Per quanto riguarda l'evoluzione dell'uomo oggi abbiamo capito, nonostante le limitazioni di cui sopra, che la storia delle nostre origini è molto più complessa.
Nella prossima puntata mostreremo come sia ormai necessario abbandonare per sempre l'idea dell'albero.
Saluti dal passato ! E dal futuro !
domenica 28 gennaio 2018
HISTORY FAKE NEWS 2 - L'ESTINZIONE DEI DINOSAURI
"I dinosauri si estinsero a causa della caduta di un asteroide" ----> PARZIALMENTE FALSO
Eccoci alla seconda puntata della nostra serie dedicata alla fake news nella Storia. Torniamo a parlare dei grandi rettili del Mesozoico, e del "mistero" più affascinante che li riguarda: la loro estinzione.
65 milioni di anni fa cadde effettivamente un asteroide sul nostro pianeta, un asteroide bello grosso. E qualunque bambino appassionato di dinosauri saprebbe dirvi esattamente dove cadde: nella penisola dello Yucatan, in Messico.
All'epoca, ovvero la fine del periodo Cretaceo, i continenti erano già più o meno nella posizione attuale, ma il profilo delle coste era leggermente diverso: oggi infatti le tracce del cratere lasciato dall'impatto si possono vedere per metà sulla terraferma e per metà in mare.
L'ipotesi dell'asteroide venne in realtà formulata prima che si trovassero le tracce del cratere, e fu tutt'altro che campata in aria. Si basava infatti su precise analisi geologiche di rocce risalenti alla fine del Cretaceo, in diverse parti del mondo (tra cui anche in Italia, a Gubbio). Passarono ben dieci anni tra la formulazione di questa teoria e la scoperta effettiva del cratere, ma infine si ebbe la conferma.
Tutto risolto ? No, per niente.
Quella dei dinosauri fu infatti non la prima, bensì la QUINTA grande estinzione di massa sul nostro pianeta (ed oggi si comincia a parlare della sesta, causata - oh, che sorpresa ! - dall'uomo).
Insieme ai dinosauri scomparve il 75% delle specie animali, sulla terra, nei mari e nei cieli.
Tutti gli animali di taglia superiore a quella di un cane sparirono. Non da un giorno all'altro, si capisce, ma abbastanza velocemente se si considerano come scala i tempi geologici.
La caduta dell'asteroide non avrebbe potuto, da sola, provocare una simile strage.
Se l'asteroide fosse l'unico imputato, avrebbe certamente portato all'estinzione dei dinosauri, che vivevano sulla terraferma, e forse anche dei rettili volanti (pterosauri, pteranodonti e loro parenti).
Ma avrebbe risparmiato - fatti salvi i devastanti tsunami seguiti all'impatto, che effettivamente ci furono - gli organismi marini. E quindi forse oggi vedremmo nuotare negli oceani i Plesiosauri, i Mosasauri, gli Ittiosauri, oltre alle numerosissime specie di Ammoniti, i molluschi con i tentacoli dalla caratteristica conchiglia a spirale (oggi ne sopravvive solo una, chiamata Nautilus, considerata estinta come le altre e riscoperta solo nell'Ottocento: un vero e proprio fossile vivente. E non è il solo.).
Come per altri eventi - si pensi, ad esempio, alla caduta dell'Impero Romano, o all'attuale crisi economica mondiale iniziata nel 2008 - non bisogna mai accontentarsi di una sola spiegazione o causa, ma considerarne molte insieme, che hanno agito contemporaneamente provocando lo sconquasso che si sta cercando di spiegare.
Nel caso dell'estinzione dei dinosauri, così come per le altre quattro avvenute in precedenza, questa somma di fattori ha un nome che oggi conosciamo molto bene :
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Sotto questa definizione trovano posto : eruzioni vulcaniche, mutamento delle correnti marine, diversa concentrazione dei gas nell'atmosfera, diffusione di nuove piante, variazioni di temperatura e chi più ne ha più ne metta.
Tutte cause che si influenzano a vicenda e si combinano moltiplicando i loro effetti.
Il cambiamento climatico c'è quindi sempre stato. Nel corso di milioni di anni ha plasmato e modellato la Terra così come la conosciamo.
Oggi i suoi effetti sono - e su questo non ci sono e non devono esistere dubbi - accelerati e peggiorati dall'intervento dell'uomo. Che quindi ha la sua parte - gravissima - di responsabilità. Ma non l'ha provocato lui, e soprattutto non ha la minima possibilità di difendersi, né con la tecnologia né se per miracolo iniziasse a vivere di punto in bianco a impatto zero.
I dinosauri erano perfettamente adattati al loro ambiente. Così ben adattati che, dopo milioni di anni, non sono più stati in grado di cambiare di nuovo, per rispondere alle mutate condizioni ambientali.
L'asteroide ha quindi semplicemente dato il colpo di grazia a una situazione di crisi irreversibile già in atto.
Se non fosse caduto, i dinosauri si sarebbero estinti lo stesso.
Come già abbiamo fatto la scorsa puntata, notiamo un problema di comunicazione nel passaggio dai dati scientifici noti agli specialisti alla conoscenza comune disponibile per il grande pubblico.
A scanso di equivoci, precisiamo che NON C'E' ALCUN COMPLOTTO degli scienziati per tenere segreti certi dati, né si vuole mantenere la gente nell'ignoranza per chissà quali fini (che poi sarebbero sempre i soliti : soldi e potere).
Manca, semplicemente, una buona divulgazione.
E le fake news si nascondono, da sempre, nella limitata diffusione della conoscenza.
E, se manca la conoscenza, mancano anche gli strumenti mentali per distinguere - nell'enorme massa di informazioni oggi disponibili - il vero dal falso.
Saluti dal Cretaceo !
sabato 27 gennaio 2018
HISTORY FAKE NEWS 1 - I DINOSAURI
"I dinosauri erano bestioni lenti, grossi e stupidi" ---> FALSO !
Bentornati su questo blog ! Inizia una nuova serie di post, ispirata dal tema, oggi molto dibattuto, delle FAKE NEWS.
Non parlerò di politica, di economia, di terrorismo, di social network, di Medio Oriente. Non è il mio campo, e anche se sto cercando di farmi una cultura in materia non ne so ancora abbastanza per proporre un'opinione seria e supportata da dati scientifici.
Parlerò invece di ciò che conosco da sempre, di quello che è il mio vero mestiere :
la Storia, con la S maiuscola.
Come avrete capito dal titolo e dalla frase in cima, partiamo in realtà dalla Preistoria. Perché anche quel tempo lontano, che apparentemente non ha nulla a che fare con il mondo di oggi, può insegnarci qualcosa.
I dinosauri piacciono a tutti i bambini (e anche a molti adulti, me compreso). L'immagine che ne abbiamo oggi è naturalmente molto diversa rispetto alle prime scoperte di fossili, avvenute nell'Ottocento. Ricostruire l'evoluzione delle idee sui dinosauri è una scoperta nella scoperta, una storia della preistoria.
Ma al grande pubblico quanto arriva di tutto questo ? E in che forma ?
Il primo film della saga di Jurassic Park - quello mitico - uscì nell'anno 1993. Ed era ancora in buona parte figlio di un'idea dei dinosauri oggi quasi del tutto superata. Fu comunque un ottimo prodotto, che si avvalse della consulenza di veri e stimati paleontologi.
Le successive pellicole della saga hanno mantenuto la stessa immagine dei dinosauri, in particolare dei celeberrimi Velociraptor. Qui però la colpa non è dei registi o dei produttori. Si tratta, molto semplicemente, di continuità narrativa: mostrare un Velociraptor diverso da quello del primo film avrebbe creato dei problemi a livello di storia (o, come si dice oggi, di storytelling), complicando inutilmente la sceneggiatura di quelli che sono, e altro non vogliono essere, che degli onestissimi film di intrattenimento. E naturalmente entrano in gioco anche fattori economici: è infatti necessario mantenere la riconoscibilità del brand.
Il film diede comunque l'avvio a un rinnovato interesse per i dinosauri, che portò a nuovi studi e nuove campagne di ricerca. I paleontologi, smessi i panni polverosi degli accademici, divennero più cool. Al loro fianco salirono alla ribalta anche i cosiddetti PALEO - ARTISTI, ovvero i disegnatori e gli illustratori dei libri sui dinosauri destinati al grande pubblico.
Iniziò così quello che oggi è a volte definito "il Rinascimento dei dinosauri".
Ma c'è un problema. Ed è capire se e come questi nuovi dati scientifici, solidamente verificati e oggi condivisi dalla quasi totalità degli studiosi, vengono divulgati e accolti nella conoscenza comune.
Prendiamo ad esempio un'immagine classica: il Triceratops contro il T-Rex, le lunghe corna dell'erbivoro corazzato contro l'enorme bocca irta di denti del grande carnivoro.
Di solito si pensa che il Triceratops avrebbe potuto facilmente difendersi, e che almeno in qualche caso avrebbe vinto il confronto, sbudellando il T-rex e squarciandogli la pancia.
Ma gli studi sulle ossa del Triceratops e degli altri dinosauri cornuti hanno dimostrato che le corna erano troppo fragili per reggere ad un simile impatto. In altre parole, se il Triceratops avesse cercato di incornare il T-Rex le sue corna si sarebbero spezzate, lasciandolo del tutto indifeso.
Il confronto con gli animali odierni, che si sono evoluti occupando gli ambienti e assumendo gli stili di vita che erano stati dei dinosauri, ha portato a capire che, con ogni probabilità, le corna avessero più che altro un ruolo nelle lotte all'interno del branco, per il predominio di un maschio dominante e il suo diritto ad accoppiarsi con le femmine: esattamente come fanno oggi i cervi. Costituivano un apparato molto scenografico, un po' come la ruota del pavone, ma di poca utilità pratica.
Questo piccolo esempio mostra la tendenza, necessaria ma non per questo corretta, a mantenere in vita certe immagini per conservare l'attenzione del pubblico. Necessaria perché anche i paleontologi, come tutti gli studiosi, hanno un bisogno continuo e pressante di finanziamenti: e l'unico modo per ottenere i soldi è fare degli annunci roboanti, che almeno per qualche tempo attraggano gli sguardi di tutti sul loro lavoro.
Quando venne studiato con attenzione lo Spinosaurus - il carnivoro protagonista del terzo film della saga di Jurassic Park, caratterizzato dal lungo muso da coccodrillo e dalla vela sulla schiena - ci si affrettò a presentarlo al pubblico come "più grande del T-Rex !" : e anche nel film lo si mostra mentre sconfigge, con estrema facilità tra l'altro, il "re dei dinosauri".
Ma, in questo come in altri casi, i dati sono falsati. O meglio, vengono divulgati solo quelli che possono risultare sensazionali (e comprensibili al più vasto pubblico possibile): tutto per evitare la noia.
Lo Spinosaurus era effettivamente più grande del T-Rex, ma solo in lunghezza, e solo di uno o due metri al massimo. La sua struttura fisica era molto più snella e leggera, le sue mascelle molto più deboli, perché adatte - secondo gli studiosi - ad afferrare i pesci dei fiumi africani dove viveva, non certo a strappare enormi tranci di carne dalla schiena di indifesi erbivori. E' probabile che si nutrisse anche di carogne - il muso lungo era adattissimo per frugare in una carcassa - ed è verosimile che quando incontrava un altro carnivoro - nell'Africa dei dinosauri ce n'erano parecchi, molti dei quali grandi e feroci come il T-Rex - fuggisse a zampe levate, perché in un confronto avrebbe avuto la peggio.
Siamo quindi, nei due casi citati come in altri, di fronte ad un problema di "verità parziale", la cui diffusione sbagliata, spesso volutamente (anche se come abbiamo visto per motivi che possono essere condivisibili) porta alla nascita di vere e proprie "bufale" (o fake news, se preferite).
Nella prossima puntata parleremo ancora di dinosauri, concentrandoci sul tema che da sempre attira l'attenzione di tutti: la loro estinzione.
Saluti dal Mesozoico !
Bentornati su questo blog ! Inizia una nuova serie di post, ispirata dal tema, oggi molto dibattuto, delle FAKE NEWS.
Non parlerò di politica, di economia, di terrorismo, di social network, di Medio Oriente. Non è il mio campo, e anche se sto cercando di farmi una cultura in materia non ne so ancora abbastanza per proporre un'opinione seria e supportata da dati scientifici.
Parlerò invece di ciò che conosco da sempre, di quello che è il mio vero mestiere :
la Storia, con la S maiuscola.
Come avrete capito dal titolo e dalla frase in cima, partiamo in realtà dalla Preistoria. Perché anche quel tempo lontano, che apparentemente non ha nulla a che fare con il mondo di oggi, può insegnarci qualcosa.
I dinosauri piacciono a tutti i bambini (e anche a molti adulti, me compreso). L'immagine che ne abbiamo oggi è naturalmente molto diversa rispetto alle prime scoperte di fossili, avvenute nell'Ottocento. Ricostruire l'evoluzione delle idee sui dinosauri è una scoperta nella scoperta, una storia della preistoria.
Ma al grande pubblico quanto arriva di tutto questo ? E in che forma ?
Il primo film della saga di Jurassic Park - quello mitico - uscì nell'anno 1993. Ed era ancora in buona parte figlio di un'idea dei dinosauri oggi quasi del tutto superata. Fu comunque un ottimo prodotto, che si avvalse della consulenza di veri e stimati paleontologi.
Le successive pellicole della saga hanno mantenuto la stessa immagine dei dinosauri, in particolare dei celeberrimi Velociraptor. Qui però la colpa non è dei registi o dei produttori. Si tratta, molto semplicemente, di continuità narrativa: mostrare un Velociraptor diverso da quello del primo film avrebbe creato dei problemi a livello di storia (o, come si dice oggi, di storytelling), complicando inutilmente la sceneggiatura di quelli che sono, e altro non vogliono essere, che degli onestissimi film di intrattenimento. E naturalmente entrano in gioco anche fattori economici: è infatti necessario mantenere la riconoscibilità del brand.
Il film diede comunque l'avvio a un rinnovato interesse per i dinosauri, che portò a nuovi studi e nuove campagne di ricerca. I paleontologi, smessi i panni polverosi degli accademici, divennero più cool. Al loro fianco salirono alla ribalta anche i cosiddetti PALEO - ARTISTI, ovvero i disegnatori e gli illustratori dei libri sui dinosauri destinati al grande pubblico.
Iniziò così quello che oggi è a volte definito "il Rinascimento dei dinosauri".
Ma c'è un problema. Ed è capire se e come questi nuovi dati scientifici, solidamente verificati e oggi condivisi dalla quasi totalità degli studiosi, vengono divulgati e accolti nella conoscenza comune.
Prendiamo ad esempio un'immagine classica: il Triceratops contro il T-Rex, le lunghe corna dell'erbivoro corazzato contro l'enorme bocca irta di denti del grande carnivoro.
Di solito si pensa che il Triceratops avrebbe potuto facilmente difendersi, e che almeno in qualche caso avrebbe vinto il confronto, sbudellando il T-rex e squarciandogli la pancia.
Ma gli studi sulle ossa del Triceratops e degli altri dinosauri cornuti hanno dimostrato che le corna erano troppo fragili per reggere ad un simile impatto. In altre parole, se il Triceratops avesse cercato di incornare il T-Rex le sue corna si sarebbero spezzate, lasciandolo del tutto indifeso.
Il confronto con gli animali odierni, che si sono evoluti occupando gli ambienti e assumendo gli stili di vita che erano stati dei dinosauri, ha portato a capire che, con ogni probabilità, le corna avessero più che altro un ruolo nelle lotte all'interno del branco, per il predominio di un maschio dominante e il suo diritto ad accoppiarsi con le femmine: esattamente come fanno oggi i cervi. Costituivano un apparato molto scenografico, un po' come la ruota del pavone, ma di poca utilità pratica.
Questo piccolo esempio mostra la tendenza, necessaria ma non per questo corretta, a mantenere in vita certe immagini per conservare l'attenzione del pubblico. Necessaria perché anche i paleontologi, come tutti gli studiosi, hanno un bisogno continuo e pressante di finanziamenti: e l'unico modo per ottenere i soldi è fare degli annunci roboanti, che almeno per qualche tempo attraggano gli sguardi di tutti sul loro lavoro.
Quando venne studiato con attenzione lo Spinosaurus - il carnivoro protagonista del terzo film della saga di Jurassic Park, caratterizzato dal lungo muso da coccodrillo e dalla vela sulla schiena - ci si affrettò a presentarlo al pubblico come "più grande del T-Rex !" : e anche nel film lo si mostra mentre sconfigge, con estrema facilità tra l'altro, il "re dei dinosauri".
Ma, in questo come in altri casi, i dati sono falsati. O meglio, vengono divulgati solo quelli che possono risultare sensazionali (e comprensibili al più vasto pubblico possibile): tutto per evitare la noia.
Lo Spinosaurus era effettivamente più grande del T-Rex, ma solo in lunghezza, e solo di uno o due metri al massimo. La sua struttura fisica era molto più snella e leggera, le sue mascelle molto più deboli, perché adatte - secondo gli studiosi - ad afferrare i pesci dei fiumi africani dove viveva, non certo a strappare enormi tranci di carne dalla schiena di indifesi erbivori. E' probabile che si nutrisse anche di carogne - il muso lungo era adattissimo per frugare in una carcassa - ed è verosimile che quando incontrava un altro carnivoro - nell'Africa dei dinosauri ce n'erano parecchi, molti dei quali grandi e feroci come il T-Rex - fuggisse a zampe levate, perché in un confronto avrebbe avuto la peggio.
Siamo quindi, nei due casi citati come in altri, di fronte ad un problema di "verità parziale", la cui diffusione sbagliata, spesso volutamente (anche se come abbiamo visto per motivi che possono essere condivisibili) porta alla nascita di vere e proprie "bufale" (o fake news, se preferite).
Nella prossima puntata parleremo ancora di dinosauri, concentrandoci sul tema che da sempre attira l'attenzione di tutti: la loro estinzione.
Saluti dal Mesozoico !
lunedì 22 maggio 2017
Il XXX Salone del Libro di Torino (18-22 Maggio 2017)
E dunque anche quest'anno il Salone è arrivato, si è svolto e si è concluso.
Su questo stesso blog, in data 27 Luglio 2016, ho voluto fare il punto di quella che era, allora, la situazione.
Oggi confermo in buona parte quanto scritto allora, tranne ciò che è stato inevitabilmente superato dagli eventi.
Il sorpasso di Milano su Torino non c'è stato, e i motivi sono ormai noti, quindi non starò a ripeterli.
Ma non c'è stato nemmeno l'auspicato rinnovamento del Salone di Torino.
Oh sì, non si applica più la formula del "Paese ospite", che prevedeva ogni anno una diversa nazione straniera invitata a presentare la propria letteratura. Però c'era un grande spazio dedicato alla Romania, scelta facile visti i molti legami che la uniscono all'Italia.
Oh sì, mancavano i mega-stand dei mega-editori, ovvero Mondadori e Adelphi, essenzialmente. Questo ha permesso di creare qualche spazio comune in più, ma la collocazione degli altri è rimasta quasi ovunque la stessa, solita, consueta e conosciuta.
Ma per il resto la formula è stata ripetuta identica, immutata, immota.
Di diverso c'è che si chiude alle 20 e non alle 22. Questo ha senso, in fondo era solo un tirare avanti fino alle dieci di sera, senza una reale utilità o riscontro.
L'organizzazione io l'ho trovata, quest'anno e come sempre, se non perfetta certo molto ben funzionante. I ragazzi e le ragazze, guarda caso tutti giovani e di bella presenza, erano dislocati nei punti informativi, presso le varie sale, a supporto dei vari eventi. Gentili con tutti, decisi quando era il caso, professionali sempre.
All'ingresso si è dovuto, come già l'anno scorso, sottoporsi alla perquisizione da parte delle forze dell'ordine: questo è, purtroppo, un pegno da pagare all'insicurezza dei tempi in cui viviamo.
Rimangono da migliorare certe criticità che il Salone si trascina dietro da anni, e che finora non sono state assolutamente affrontate :
- solo le grandi sale sono completamente insonorizzate, mentre gli altri spazi sono aperti; se nello stand vicino è in corso un evento molto rumoroso, con musica e microfoni ad alto volume, è molto difficile riuscire a sentire le parole dell'incontro che si sta seguendo.
- le sale piccole sono sempre gravemente insufficienti per il pubblico che ospitano.
- i punti di ristoro approfittano biecamente della loro posizione, vendendo a caro prezzo un semplice toast e un po' d'acqua. Inoltre la qualità dei cibi lascia assai a desiderare. Meglio portarsi cibo e acqua da casa.
- personalmente non ho seguito gli eventi del cosiddetto Salone Off, diffusi in giro per la città, né l'ho mai fatto negli anni passati, Ho sempre pensato si tratti di una perdita di tempo e di risorse che potrebbero essere meglio impiegati, l'uno e le altre, nel Salone stesso. In fondo non ha importanza se, per 5 giorni all'anno, la vita culturale in giro per la città si ferma, concentrandosi tutta al Salone: la cosa fondamentale è che sia presente, in maniera diffusa, (quindi anche nelle famose periferie, e non solo nel centro glamour) per gli altri 360 giorni.
Insomma, il "nuovo" Salone del Libro non è affatto nuovo. Tutto o quasi è uguale a prima. Come detto, si nota giusto l'assenza dei grandi e grandissimi Editori, ma in fondo non è una grande perdita.
Nicola La Gioia, scrittore e nuovo Direttore, ha senz'altro compiuto un grande miracolo (pari al sesto scudetto di fila della Juve !) e ha portato fuori il Salone dalle terribili prove e tempeste affrontate nel corso dell'anno passato.
Se però vuole davvero rifondare il Salone, dare un nuovo impulso, ripartire da un nuovo inizio, beh, c'è parecchio (anzi, tutto) da fare, da lavorare, da inventare.
Su questo stesso blog, in data 27 Luglio 2016, ho voluto fare il punto di quella che era, allora, la situazione.
Oggi confermo in buona parte quanto scritto allora, tranne ciò che è stato inevitabilmente superato dagli eventi.
Il sorpasso di Milano su Torino non c'è stato, e i motivi sono ormai noti, quindi non starò a ripeterli.
Ma non c'è stato nemmeno l'auspicato rinnovamento del Salone di Torino.
Oh sì, non si applica più la formula del "Paese ospite", che prevedeva ogni anno una diversa nazione straniera invitata a presentare la propria letteratura. Però c'era un grande spazio dedicato alla Romania, scelta facile visti i molti legami che la uniscono all'Italia.
Oh sì, mancavano i mega-stand dei mega-editori, ovvero Mondadori e Adelphi, essenzialmente. Questo ha permesso di creare qualche spazio comune in più, ma la collocazione degli altri è rimasta quasi ovunque la stessa, solita, consueta e conosciuta.
Ma per il resto la formula è stata ripetuta identica, immutata, immota.
Di diverso c'è che si chiude alle 20 e non alle 22. Questo ha senso, in fondo era solo un tirare avanti fino alle dieci di sera, senza una reale utilità o riscontro.
L'organizzazione io l'ho trovata, quest'anno e come sempre, se non perfetta certo molto ben funzionante. I ragazzi e le ragazze, guarda caso tutti giovani e di bella presenza, erano dislocati nei punti informativi, presso le varie sale, a supporto dei vari eventi. Gentili con tutti, decisi quando era il caso, professionali sempre.
All'ingresso si è dovuto, come già l'anno scorso, sottoporsi alla perquisizione da parte delle forze dell'ordine: questo è, purtroppo, un pegno da pagare all'insicurezza dei tempi in cui viviamo.
Rimangono da migliorare certe criticità che il Salone si trascina dietro da anni, e che finora non sono state assolutamente affrontate :
- solo le grandi sale sono completamente insonorizzate, mentre gli altri spazi sono aperti; se nello stand vicino è in corso un evento molto rumoroso, con musica e microfoni ad alto volume, è molto difficile riuscire a sentire le parole dell'incontro che si sta seguendo.
- le sale piccole sono sempre gravemente insufficienti per il pubblico che ospitano.
- i punti di ristoro approfittano biecamente della loro posizione, vendendo a caro prezzo un semplice toast e un po' d'acqua. Inoltre la qualità dei cibi lascia assai a desiderare. Meglio portarsi cibo e acqua da casa.
- personalmente non ho seguito gli eventi del cosiddetto Salone Off, diffusi in giro per la città, né l'ho mai fatto negli anni passati, Ho sempre pensato si tratti di una perdita di tempo e di risorse che potrebbero essere meglio impiegati, l'uno e le altre, nel Salone stesso. In fondo non ha importanza se, per 5 giorni all'anno, la vita culturale in giro per la città si ferma, concentrandosi tutta al Salone: la cosa fondamentale è che sia presente, in maniera diffusa, (quindi anche nelle famose periferie, e non solo nel centro glamour) per gli altri 360 giorni.
Insomma, il "nuovo" Salone del Libro non è affatto nuovo. Tutto o quasi è uguale a prima. Come detto, si nota giusto l'assenza dei grandi e grandissimi Editori, ma in fondo non è una grande perdita.
Nicola La Gioia, scrittore e nuovo Direttore, ha senz'altro compiuto un grande miracolo (pari al sesto scudetto di fila della Juve !) e ha portato fuori il Salone dalle terribili prove e tempeste affrontate nel corso dell'anno passato.
Se però vuole davvero rifondare il Salone, dare un nuovo impulso, ripartire da un nuovo inizio, beh, c'è parecchio (anzi, tutto) da fare, da lavorare, da inventare.
venerdì 23 settembre 2016
Brad, Angelina e gli altri VIP
E' di questi giorni la notizia del divorzio tra Brad Pitt e Angelina Jolie. Una coppia che non ha bisogno di presentazioni.
Come in tutte le coppie ora inizierà la battaglia legale per i figli, ci saranno accuse reciproche, sospetti di tradimento, richieste economiche.
Un film già visto.
Un film che viene trasmesso in molte case, protagonisti attori del tutto sconosciuti, che non avranno mai un volto, una voce, una richiesta di autografi, uno stipendio miliardario.
Noi, insomma. Le persone normali.
Se non altro il buon vecchio Brad i figli, fra naturali e adottati, li ha avuti tutti con Angelina.
Ma c'è chi i figli li ha da partner diversi : mi viene in mente la nostra Alessia Marcuzzi, due figli di cui uno da Simone Inzaghi e l'altro da Francesco Facchinetti (almeno, così era l'ultima volta che ne ho sentito parlare, poi non so se nel frattempo ne ha avuti altri con nuovi compagni : per informazioni bibliografiche consultare le annate recenti di Novella 2000 e riviste del settore).
Naturalmente questo capita anche nelle famiglie comuni, non famose, non-VIP.
Qui io non voglio difendere la famiglia tradizionale, concetto del resto ormai superato da ben prima dell' "esplosione", per così dire, dei diritti rivendicati dalle persone GLBT (universo, questo, di cui parleremo in un successivo post).
Voglio invece parlare del comportamento dei VIP, siano essi attori, cantanti, calciatori o altro, e del fatto che le persone normali si identifichino in loro, elevandoli a modelli.
Io credo, forse ingenuamente, che quando una persona diventa famosa debba rendersi conto (possibilmente in modo autonomo, ma va bene anche se a dirglielo è qualcuno dell'entourage) che da quel momento in avanti diventerà, per le persone comuni, un modello da ammirare e imitare.
Credo che il novello VIP debba sempre tenere ben presente da dove viene, non dimenticarsi le sue origini, le sue radici. Ricordare che, al di fuori delle belle case, delle auto sportive, degli alberghi a sei stelle, delle barche, delle feste esclusive, c'è il mondo vero da cui lui/lei proviene.
Spesso i VIP si impegnano in cause umanitarie - vedi la stessa Angelina Jolie che è ambasciatrice dell'ONU, o Shakira che ha istituito la fondazione Pies Descalzos per aiutare i bambini poveri del Sudamerica - mettono il loro nome e il loro volto in campagne dai buoni propositi, fanno donazioni e così via :
non metto in dubbio che, in qualche caso, il loro sia un interesse sincero, dettato da veri sentimenti ;
ma in quanti altri casi questo impegno è loro imposto da esperti di marketing, che ben sanno quanto una foto vicino al bambino africano o all'animale maltrattato rappresenti un'impennata di popolarità, e quindi di soldi, di contratti, di affari (i quali si riverberano a catena dal VIP a tutti coloro che ne organizzano la vita, costruiscono il suo personaggio, la sua carriera, il suo successo) ?
In Italia abbiamo, ormai da anni, l'accoppiata calciatori/veline. Lui guadagna in popolarità portandosi a letto, ed eventualmente sposando, una bella ragazza. Lei, spentesi le luci della ribalta, conserva un po' di quel luccichio facendosi vedere accanto a lui (è un fatto che molte tra le ultime veline passate sul bancone di Striscia La Notizia sarebbero state immediatamente dimenticate se non avessero sposato/frequentato calciatori).
In America un/una giovane cantante o attore/attrice, appena raggiunge il successo, giura che mai lascerà il partner storico, il fidanzato/a di sempre, che non si farà cambiare dalla stratosferica fama raggiunta...salvo poi iniziare a frequentare colleghi e colleghe del nuovo mondo dorato e, combinazione, lasciare il vecchio partner non glamour per dare il via a una girandola di amori e amorazzi con altri VIP, non necessariamente dello stesso settore lavorativo (vedi ad esempio la coppia, ormai anch'essa scoppiata, tra Gwineth Paltrow e Chris Martin, attrice lei e cantante lui) ma sempre obbligatoriamente famosi.
E se ogni tanto la popolarità sembra appannarsi basta annunciare di aver avuto una relazione con un partner dello stesso stesso (che sia vero o no poco importa), o anche solo limitarsi a dire "Mi piacerebbe averla", che subito gli indici risalgono di nuovo. Naturalmente anche questa è, quasi sempre, una mossa pianificata dagli esperti di marketing.
In Italia i calciatori, ovvero i VIP più VIP di tutti i VIP, sono nella stragrande maggioranza dei casi degli ignoranti cosmici. Inevitabile, dal momento che si sono dedicati fin da giovani alla carriera sportiva. Però è veramente squallido sentirli parlare nelle interviste, vederli in difficoltà nel mettere due parole in fila, ripetere come un mantra "Abbiamo fatto bene". Di solito si rendono conto che carriera, fama e guadagni dureranno poco, ma non sanno pianificare il proprio futuro, né hanno gli strumenti per farlo. Così una volta appese le scarpette al chiodo spesso perdono molti soldi in investimenti sbagliati e vivacchiano come commentatori televisivi o con ruoli dirigenziali nell'ultima società per la quale hanno giocato (perché naturalmente ne hanno cambiate molte, troppe : i giocatori-bandiera non esistono più, l'ultimo è Totti) : lavori che sanno tanto di elemosina, di pietà, di concessione, anche se magari con uno stipendio di tutto rispetto.
In America, considerando sia i cantanti sia gli attori, ci sono molti VIP che, invece, una testa ce l'hanno e la sanno usare. Tra i primi possiamo citare : Beyoncé, una vera macchina da guerra ; Lady Gaga, che ha ben imparato la lezione di Madonna, di cui è la vera erede ; e la stessa Madonna, la cui stella si è offuscata semplicemente per raggiunti limiti di età ma che rimane l'esempio a cui tutte le nuove generazioni guardano con rispetto.
Naturalmente c'è anche chi, diventato ricco e famoso troppo giovane e troppo in fretta, si è bruciato. Il caso più celebre è Britney Spears, nota ormai più per le vicende giudiziarie e per le intemperanze fisiche che non per le canzoni, per altro già non memorabili.
E molti, dopo la breve stagione del successo, finiscono a cantare nei casinò di Las Vegas, ultima fermata prima dell'oblio.
Quanto agli attori, non si può non citare Sharon Stone, nota ai più per la celebre scena di Basic Instict e che invece fa parte del MENSA, l'associazione internazionale di persone con un Quoziente Intellettivo superiore alla media.
Insomma, i VIP, nostrani e internazionali, sono in fondo come noi. Alcuni più brillanti, altri nella media, altri decisamente poco intelligenti. Alcuni seri e posati, altri eccessivi. Alcuni felici all'interno del matrimonio, altri fedifraghi.
In più di noi hanno solo i soldi, che però a ben vedere si meritano tutti :
ad accomunare attori, calciatori e cantanti (ma anche scrittori, registi, stilisti) infatti è il talento, che è un dono innato, e quindi non invidiabile. O ce l'hai o non ce l'hai.
Il talento va coltivato, sviluppato, indirizzato. Tutti hanno lavorato duro per arrivare dove sono. Può darsi il caso del colpo di fortuna, del produttore cinematografico che vede una cameriera e decide di farne un'attrice, ma personalmente ritengo che sia soprattutto un mito.
Fanno forse eccezione i volti televisivi (italiani almeno, non so come sia in altri Paesi) : lì sì che per sfondare ci vuole fortuna, ci vogliono compromessi, ci vogliono accordi sottobanco. Parlo naturalmente di conduttori e soubrette varie, non dei giornalisti, i quali svolgono un mestiere che per la sua particolare natura prevede di mostrare il loro viso : ma per un mezzobusto del TG, uomo o donna che sia, ci sono migliaia di colleghi della carta stampata noti, se va bene, per il nome ma altrimenti invisibili.
Voler imitare i VIP dovrebbe significare mettersi d'impegno come hanno fatto loro, non scimmiottarli con pettinature, tatuaggi, vestiti.
Dovrebbe significare osservarli per capire i loro errori, che sono gli stessi nostri, non sognare il loro stile di vita.
Dovrebbe significare imitare i loro comportamenti virtuosi e condannare quelli sbagliati, che di nuovo sono gli stessi nostri, non avere il loro poster in camera.
E i VIP dovrebbero rendersi conto che, rappresentando un modello per molti, devono necessariamente porre maggiore attenzione ai propri comportamenti, alle proprie parole, alle proprie reazioni.
E' il prezzo della fama.
Ed è giusto pagarlo : se hai ricevuto tutto non puoi non dare indietro niente.
Come in tutte le coppie ora inizierà la battaglia legale per i figli, ci saranno accuse reciproche, sospetti di tradimento, richieste economiche.
Un film già visto.
Un film che viene trasmesso in molte case, protagonisti attori del tutto sconosciuti, che non avranno mai un volto, una voce, una richiesta di autografi, uno stipendio miliardario.
Noi, insomma. Le persone normali.
Se non altro il buon vecchio Brad i figli, fra naturali e adottati, li ha avuti tutti con Angelina.
Ma c'è chi i figli li ha da partner diversi : mi viene in mente la nostra Alessia Marcuzzi, due figli di cui uno da Simone Inzaghi e l'altro da Francesco Facchinetti (almeno, così era l'ultima volta che ne ho sentito parlare, poi non so se nel frattempo ne ha avuti altri con nuovi compagni : per informazioni bibliografiche consultare le annate recenti di Novella 2000 e riviste del settore).
Naturalmente questo capita anche nelle famiglie comuni, non famose, non-VIP.
Qui io non voglio difendere la famiglia tradizionale, concetto del resto ormai superato da ben prima dell' "esplosione", per così dire, dei diritti rivendicati dalle persone GLBT (universo, questo, di cui parleremo in un successivo post).
Voglio invece parlare del comportamento dei VIP, siano essi attori, cantanti, calciatori o altro, e del fatto che le persone normali si identifichino in loro, elevandoli a modelli.
Io credo, forse ingenuamente, che quando una persona diventa famosa debba rendersi conto (possibilmente in modo autonomo, ma va bene anche se a dirglielo è qualcuno dell'entourage) che da quel momento in avanti diventerà, per le persone comuni, un modello da ammirare e imitare.
Credo che il novello VIP debba sempre tenere ben presente da dove viene, non dimenticarsi le sue origini, le sue radici. Ricordare che, al di fuori delle belle case, delle auto sportive, degli alberghi a sei stelle, delle barche, delle feste esclusive, c'è il mondo vero da cui lui/lei proviene.
Spesso i VIP si impegnano in cause umanitarie - vedi la stessa Angelina Jolie che è ambasciatrice dell'ONU, o Shakira che ha istituito la fondazione Pies Descalzos per aiutare i bambini poveri del Sudamerica - mettono il loro nome e il loro volto in campagne dai buoni propositi, fanno donazioni e così via :
non metto in dubbio che, in qualche caso, il loro sia un interesse sincero, dettato da veri sentimenti ;
ma in quanti altri casi questo impegno è loro imposto da esperti di marketing, che ben sanno quanto una foto vicino al bambino africano o all'animale maltrattato rappresenti un'impennata di popolarità, e quindi di soldi, di contratti, di affari (i quali si riverberano a catena dal VIP a tutti coloro che ne organizzano la vita, costruiscono il suo personaggio, la sua carriera, il suo successo) ?
In Italia abbiamo, ormai da anni, l'accoppiata calciatori/veline. Lui guadagna in popolarità portandosi a letto, ed eventualmente sposando, una bella ragazza. Lei, spentesi le luci della ribalta, conserva un po' di quel luccichio facendosi vedere accanto a lui (è un fatto che molte tra le ultime veline passate sul bancone di Striscia La Notizia sarebbero state immediatamente dimenticate se non avessero sposato/frequentato calciatori).
In America un/una giovane cantante o attore/attrice, appena raggiunge il successo, giura che mai lascerà il partner storico, il fidanzato/a di sempre, che non si farà cambiare dalla stratosferica fama raggiunta...salvo poi iniziare a frequentare colleghi e colleghe del nuovo mondo dorato e, combinazione, lasciare il vecchio partner non glamour per dare il via a una girandola di amori e amorazzi con altri VIP, non necessariamente dello stesso settore lavorativo (vedi ad esempio la coppia, ormai anch'essa scoppiata, tra Gwineth Paltrow e Chris Martin, attrice lei e cantante lui) ma sempre obbligatoriamente famosi.
E se ogni tanto la popolarità sembra appannarsi basta annunciare di aver avuto una relazione con un partner dello stesso stesso (che sia vero o no poco importa), o anche solo limitarsi a dire "Mi piacerebbe averla", che subito gli indici risalgono di nuovo. Naturalmente anche questa è, quasi sempre, una mossa pianificata dagli esperti di marketing.
In Italia i calciatori, ovvero i VIP più VIP di tutti i VIP, sono nella stragrande maggioranza dei casi degli ignoranti cosmici. Inevitabile, dal momento che si sono dedicati fin da giovani alla carriera sportiva. Però è veramente squallido sentirli parlare nelle interviste, vederli in difficoltà nel mettere due parole in fila, ripetere come un mantra "Abbiamo fatto bene". Di solito si rendono conto che carriera, fama e guadagni dureranno poco, ma non sanno pianificare il proprio futuro, né hanno gli strumenti per farlo. Così una volta appese le scarpette al chiodo spesso perdono molti soldi in investimenti sbagliati e vivacchiano come commentatori televisivi o con ruoli dirigenziali nell'ultima società per la quale hanno giocato (perché naturalmente ne hanno cambiate molte, troppe : i giocatori-bandiera non esistono più, l'ultimo è Totti) : lavori che sanno tanto di elemosina, di pietà, di concessione, anche se magari con uno stipendio di tutto rispetto.
In America, considerando sia i cantanti sia gli attori, ci sono molti VIP che, invece, una testa ce l'hanno e la sanno usare. Tra i primi possiamo citare : Beyoncé, una vera macchina da guerra ; Lady Gaga, che ha ben imparato la lezione di Madonna, di cui è la vera erede ; e la stessa Madonna, la cui stella si è offuscata semplicemente per raggiunti limiti di età ma che rimane l'esempio a cui tutte le nuove generazioni guardano con rispetto.
Naturalmente c'è anche chi, diventato ricco e famoso troppo giovane e troppo in fretta, si è bruciato. Il caso più celebre è Britney Spears, nota ormai più per le vicende giudiziarie e per le intemperanze fisiche che non per le canzoni, per altro già non memorabili.
E molti, dopo la breve stagione del successo, finiscono a cantare nei casinò di Las Vegas, ultima fermata prima dell'oblio.
Quanto agli attori, non si può non citare Sharon Stone, nota ai più per la celebre scena di Basic Instict e che invece fa parte del MENSA, l'associazione internazionale di persone con un Quoziente Intellettivo superiore alla media.
Insomma, i VIP, nostrani e internazionali, sono in fondo come noi. Alcuni più brillanti, altri nella media, altri decisamente poco intelligenti. Alcuni seri e posati, altri eccessivi. Alcuni felici all'interno del matrimonio, altri fedifraghi.
In più di noi hanno solo i soldi, che però a ben vedere si meritano tutti :
ad accomunare attori, calciatori e cantanti (ma anche scrittori, registi, stilisti) infatti è il talento, che è un dono innato, e quindi non invidiabile. O ce l'hai o non ce l'hai.
Il talento va coltivato, sviluppato, indirizzato. Tutti hanno lavorato duro per arrivare dove sono. Può darsi il caso del colpo di fortuna, del produttore cinematografico che vede una cameriera e decide di farne un'attrice, ma personalmente ritengo che sia soprattutto un mito.
Fanno forse eccezione i volti televisivi (italiani almeno, non so come sia in altri Paesi) : lì sì che per sfondare ci vuole fortuna, ci vogliono compromessi, ci vogliono accordi sottobanco. Parlo naturalmente di conduttori e soubrette varie, non dei giornalisti, i quali svolgono un mestiere che per la sua particolare natura prevede di mostrare il loro viso : ma per un mezzobusto del TG, uomo o donna che sia, ci sono migliaia di colleghi della carta stampata noti, se va bene, per il nome ma altrimenti invisibili.
Voler imitare i VIP dovrebbe significare mettersi d'impegno come hanno fatto loro, non scimmiottarli con pettinature, tatuaggi, vestiti.
Dovrebbe significare osservarli per capire i loro errori, che sono gli stessi nostri, non sognare il loro stile di vita.
Dovrebbe significare imitare i loro comportamenti virtuosi e condannare quelli sbagliati, che di nuovo sono gli stessi nostri, non avere il loro poster in camera.
E i VIP dovrebbero rendersi conto che, rappresentando un modello per molti, devono necessariamente porre maggiore attenzione ai propri comportamenti, alle proprie parole, alle proprie reazioni.
E' il prezzo della fama.
Ed è giusto pagarlo : se hai ricevuto tutto non puoi non dare indietro niente.
Iscriviti a:
Post (Atom)