mercoledì 29 giugno 2016

Io e l'Arte Contemporanea : storia di un'incomprensione

A me piace molto l'Arte, anzi, le Arti : pittura, scultura, architettura, poesia, musica, letteratura. Ma più di tutte mi piace la pittura, i quadri, le tele di artisti noti e meno noti.

Su tutti i libri, da quelli di scuola media ai saggi universitari, la Storia dell'Arte parte con le pitture rupestri delle grotte preistoriche per arrivare ad oggi.

Io, personalmente, mi fermo a Picasso. Tutto quello che viene dopo di lui, confesso, non lo capisco. Forse perché non c'è niente da capire.
 Per quel poco che ne so infatti agli "artisti" di oggi non interessa essere capiti, bensì mettere in scena il gesto estremo, la provocazione.
E a fare le loro fortune - sì, perché le opere di Arte Contemporanea possono raggiungere quotazioni stratosferiche, alla pari con quelle dei grandi maestri del passato - sono i galleristi.

Di fronte ad un'opera di Arte Contemporanea, la reazione tipica del visitatore medio è << Eh, però saprei fare anch'io una roba del genere."
Tentazione comprensibile, almeno quanto è incomprensibile l'opera che ci sta davanti.

Un'altra idea molto diffusa è che, dopo l'invenzione della fotografia, avvenuta nella seconda metà dell'Ottocento, non avesse più senso mettersi a dipingere paesaggi e ritratti, che potevano essere eseguiti molto più facilmente con il nuovo mezzo espressivo. Si pensa che l'Arte abbia quindi dovuto abbandonare la rappresentazione dell'immagine (ARTE FIGURATIVA) per esprimere invece ciò che si trova nella mente dell'artista (ARTE CONCETTUALE).

Questo avrebbe portato, alla fine, ai celebri "tagli nella tela" di Lucio Fontana, che rappresenterebbero il definitivo superamento del vecchio modo di intendere l'arte: ad essere cancellata non è più solo l'immagine, ma addirittura il supporto - la tela, appunto - sul quale l'immagine era collocata.

Contemporaneamente gli artisti sviluppano una nuova e più importante concezione di se stessi: se ciò che conta ora si trova nella mente dell'artista stesso, allora i gesti, i comportamenti, le scelte della sua persona diventano Arte.
Esempi sono il celebre Orinatoio di Marcel Duchamp - un oggetto di uso comune che diviene opera d'arte per il semplice fatto di aver solleticato la sensibilità dell'autore - e l'altrettanto celebre Merda d' artista di Piero Manzoni.

Oggi invece siamo nell'era delle installazioni e delle performances. Le prime sono strutture pensate per coinvolgere il visitatore, farlo entrare nell'opera d'arte, fargliela usare, far diventare lui stesso parte dell'opera. Un esempio è la recente opera di Christo Floating Piers, la passerella che permette di "camminare sulle acque" del Lago d'Iseo.
 Le seconde prevedono invece la presenza dell'artista, che in vari modi interagisce con il visitatore, allo scopo di porre l'accento su di sé e sui cambiamenti operati in lui/lei dai visitatori, e viceversa. In questo campo molto nota è Marina Abramovich.


Io, personalmente, resto dell'idea che un'opera d'arte debba smuovere qualcosa in chi la guarda, debba emozionare, debba coinvolgere.
L'Arte Contemporanea questo non lo fa, proprio perché non si fa capire. Del resto i titoli delle opere sono spesso parole senza senso come "Studio n. 1" oppure "Visione n. 14". Né aiuta la presenza di materiali di uso comune, che può portare ad effetti come quello della storiella più volte circolata di una donna delle pulizie che getta via dell'immondizia lasciata nella sala di un museo senza sapere che l'immondizia stessa era un'opera d'arte.

Io ho lavorato presso il Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, vicino qui a Torino. E, come dice la celebre battuta di Blade Runner, << Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare >>.

Ogni volta che guardo una cosiddetta opera di Arte Contemporanea mi sento preso in giro.

Poi magari a qualcuno piace, per carità.

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